martedì 16 agosto 2011

Il culto ai sette Arcangeli tra teologia e devozione


Il culto ai sette Arcangeli tra teologia e devozione


Tre sono i nomi di arcangeli che la Bibbia ci fornisce: Raffaele dal Libro di Tobia 15, 15; Michele dal libro di Daniele 10,13.21; 12,1; Gabriele dal libro di Daniele 8,16; 9,21 e dal Vangelo di Luca 1,19. Ma appena si approfondisce la lettura del testo biblico si scopre che il numero degli arcangeli citati non è tre, come si pensa di solito, ma se ne contano sette, così come si evince dal libro di Tobia 12,15: Io sono Raffaele, uno dei sette santi angeli, che portano lassù le preghiere dei santi e sono ammessi davanti alla gloria del Santo”. Nel libro del profeta Zaccaria si legge che, avendo egli chiesto all’angelo che gli parlava cosa significassero le sette lucerne del candelabro d’oro che gli era apparso, questa fosse stata la risposta dell’angelo: “Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che osservano tutta la terra. Nel Nuovo Testamento la lista dei sette arcangeli non cambia, questi arcangeli sono chiamati ora angeli, ...
... ora spiriti, ora sette fiaccole, come è stato ribadito dall’autore del libro dell’Apocalisse. Si legge in Ap 1, 4: “Io Giovanni, vi auguro grazia e pace da parte di Dio, che era, che è e che viene, e dei sette spiriti che stanno davanti al suo trono; in Ap 4, 5 si legge: “Sette fiaccole accese, simbolo dei sette spiriti di Dio, ardevano davanti al trono..”; in Ap 5,6: “Allora, fra il cerchio degli anziani e il trono con i quattro essere viventi, vidi un Agnello che sembrava sgozzato, ma stava ritto in piedi. Egli aveva sette corna, e sette occhi che rappresentavano i sette spiriti di Dio che sono stati mandati nel mondo.” .
Quindi l’azione dei sette arcangeli è importantissima come mediazione tra Dio e gli uomini, come protezione della Chiesa di Dio e come luce per i credenti per gli ultimi tempi tribolati dall’azione satanica e malefica. Ora una esegesi seria dei testi biblici menzionati dovrebbe portare alla conclusione che mancano al culto degli arcangeli ben quattro arcangeli, visto che il 29 settembre si festeggiano solo Michele, Raffaele e Gabriele, ignorando gli altri quattro Principi angelici. Ma se nella Bibbia non sono citati i nomi dei quattro arcangeli mancanti che cosa dice l’altra fonte della Rivelazione che è la Sacra Tradizione? Ebbene, nonostante la sistematica eliminazione degli scritti cristiani ad opera dei persecutori pagani, la distruzione di tante antichissime chiese nei paesi, un tempo cristiani, nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente, convertiti all’Islamismo e la sistematica distruzione di immagini sacre nei paesi dell’Impero di Costantinopoli, ad opera degli eretici iconoclasti, abbiamo ricevuto dalla tradizione l’altro nome di uno dei quattro arcangeli mancanti: Uriele, su cui concordano insieme Sant’Isidoro di Siviglia, San Beda il Venerabile, la liturgia Mozarabica, un tempo largamente diffusa in Spagna ed ora circoscritta ad alcune chiese di Toledo, e quella Etiopica che pure invoca tutti e Sette i primi Angeli.
Uriele, il cui nome è interpretato come “Fuoco di Dio”, è raffigurato anche nella cupola della Cappella Palatina di Palermo ed in quella della Basilica di Sant’Antonio a Padova. Ma proprio a Palermo nel 1516 furono scoperte le immagini dei Sette Principi Celesti con i loro sette nomi ed i loro attributi. Mentre il pio sacerdote Antonio Lo Duca, nativo di Cefalù, insegnava canto ai chierici della Cattedrale di Palermo nell’antichissima chiesina di S. Angelo, che sorgeva accanto alla Cattedrale, dove ora è la piazza dei Sette Angeli, il Vicario generale, Mons. Tommaso Belloroso, notò delle tracce di antichissimi affreschi sulle pareti. Ripuliti e schiariti con olio, gli affreschi apparvero in tutta la loro antica bellezza. Le immagini erano disposte su tre ordini. Nel primo erano raffigurate la creazione del mondo e degli Angeli, poi Lucifero, ancora in stato di grazia e San Michele davanti al trono di Dio. Nel secondo la vittoria di San Michele su Lucifero, la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, Abramo in ginocchio davanti ai tre Angeli e poi in atto di servire loro un banchetto. Nel terzo i Sette Angeli Principi con i loro nomi e con i loro simboli. Al centro Michele, il Vittorioso, in atto di calpestare il dragone.
Da un lato, in ordine: Gabriele, Nunzio, con specchio di diaspro e fiaccola, Barachiele, che viene in aiuto, con rose da distribuire; Uriele , forte Compagno, con spada e fiamma. Dall’altro lato: Raffaele, Medico che guida Tobia e porta un vaso di medicinali; Geudiele, Rimuneratore, con una corona e una flagello; Sealtiele, Orante, raccolto in preghiera. Il ritrovamento di queste sacre immagini destò una grande devozione ai Sette Principi Celesti, la nobiltà di Palermo si riunì in una Confraternita dei Sette Angeli, che fu detta Imperiale, perché volle iscriversi lo stesso Imperatore Carlo V, la chiesina fu riaperta al culto ed il sacerdote Antonio Lo Duca ne divenne Rettore. Nel 1527 egli stesso venne a Roma per promuovervi e diffondervi il culto dei Santi Arcangeli ed ivi apprese dal Pio Cardinale Antonio dal Monte che il Beato Amedeo Menezes De Sylva, chiamato a Roma da Sisto IV nel 1471, nel suo libro Apocalipsis Nova, aveva riportato i nomi e gli uffici dei sette Principi del Cielo, proprio come erano stati ritrovati nell’antico affresco di Palermo. Divenuto cappellano del Cardinal Dal Monte, Antonio Lo Duca fu da lui incaricato, insieme ad un altro sacerdote Girolamo Maccabeo, di Comporre la Messa e l’Ufficio dei Sette angeli Principi. Dopo la scoperta dei sette arcangeli nella chiesina di Palermo in tante chiese si presta la venerazione ai sette Principi Celesti.
Infatti Sette Angeli con lo scettro, secondo la più antica tradizione bizantina dell’iconografia angelica, erano tra le figurazioni in mosaico che rivestivano la volta dell’altar maggiore in S. Marco a Venezia nel 1543, da cui fu ritratto il quadro della Vergine con i Sette Angeli, che vediamo in Santa Maria degli Angeli in Roma. Antonino Mongitore, che stampò nel 1726 a Palermo il suo libro “Il monastero dei Sette Angeli”, rifà la storia delle sette immagini di angeli con i loro nomi, venute alla luce a Palermo nel 1516 nella Chiesina di S. Angelo e della copia di esse esistenti nel quadro che vediamo tuttora nella Cattedrale di Palermo. A Vasto, provincia di Chieti, nella chiesa parrocchiale di S. Michele figurano i Sette Arcangeli con Uriele, Barachiele, Sealtiele, Geudiele e i più noti Gabriele e Raffaele. In S. Cecilia in Trastevere a Roma, un affresco del XIII secolo rappresenta il Salvatore in trono contornato da sette Angeli con ai lati la Vergine e S. Giovanni Battista. Ad Assisi in S. Maria degli Angeli, nella Annunciazione, sono raffigurati in alto, secondo il noto schema bizantineggiante, l’Eterno Padre tra sei angeli, di cui il settimo, Gabriele, in ginocchio dinanzi alla Vergine. Un’altra scoperta diede un forte impulso alla devozione dei sette Arcangeli.
Verso la fine del 1600 nella Biblioteca Vaticana venne ritrovato un antichissimo codice ebraico in cui oltre agli Arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele venivano nominati Uriele, Sealtiele, Geudiele e Barachiele. Gli stessi Padri della Chiesa confermano il culto ai sette Arcangeli, persino Sant’Ambrogio era molto devoto all’arcangelo Uriele. Ma oltre alla fondazione biblica del culto dei Sette Arcangeli, alla tradizione ebraico-cristiana che si rifaceva al culto dei sette arcangeli, alle testimonianze dei Padri della Chiesa, ai vari luoghi di culto sparsi per tutta l’Italia che si rifanno alla venerazione dei Sette Arcangeli nostri mediatori presso Dio, possiamo anche contare su alcune visioni soprannaturali proprio del sacerdote che più di tutti nel mondo ha diffuso il culto ai Sette Arcangeli, il sacerdote Antonio Lo Duca. Mentre era a Roma, stremato dai rifiuti avuti per la costruzione della Chiesa in onore ai sette arcangeli presso le Terme di Diocleziano ecco che in un mattino d’estate del 1541 nella stessa chiesa di S. Maria di Loreto dove si trovava come Cappellano ebbe una straordinaria visione. Quel mattino Antonio Lo Duca si svegliò e d’improvviso vide “una luce più che bianca” che partiva dalla sala centrale delle Terme di Diocleziano, o meglio dalle rovine di queste.
In mezzo a quella luce era l’immagine di S. Saturnino, martire legato alla storia della costruzione delle Terme insieme ai santi diaconi Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, il ricco patrizio Trasone, anche lui martire, che insieme a S. Marcello, papa e martire, formano i sette martiri più eminenti tra i condannati alla costruzione delle immense Terme. Quella luce che indicava il luogo sacro per il ricordo dei martiri che l’avevano costruito, rivelò ad Antonio che era lì il posto dove doveva sorgere il grande tempio dedicato ai sette Angeli. Antonio disse la S. Messa e ancora sotto l’impressione della visione, corse poco dopo alle Terme, trovando l’ambiente centrale ancora ben conservato così come gli era apparso nella visione, e da quel momento egli non esiterà più a prodigarsi con ogni sua facoltà per promuovere un grande tempio alle Terme. Racconta la visione avuta al cardinale di S. Marcello, il teologo Dionisio Laurerio e al segretario Bartolomeo Saluzio, il quale ultimo l’aiuta a scrivere i nomi dei Sette Angeli sulle colonne della grande gallerie centrale delle Terme, allora del tutto aperta ai lati.
Nel 1555 Antonio avrà un’altra visione significativa:”Alli 17 dicembre 1555, nella Chiesa di S. Maria di Loreto nella Cappella del Crocifisso, dove ho posto la tavola della Vergine Maria con li sette Angioli Custodi io dissi la Messa di essi Sette Arcangioli pregando Iddio che mi concedesse l’aiuto dei suoi santi Angiolini per mettere in effetto la Chiesa di essi nelle Terme di Diocleziano. Finita la messa e detto il Placet tibi Sancta Trinitas ecc. baciato l’altare mi drizzai per dare la benedizione al popolo; sentivo da tutte le vene del corpo il sangue andar in alto insino alla testa e credendomi che fusse stato il sangue, nondimeno per gli effetti era l’anima la quale uscì dal vertice della testa; in quell’istante guardai giù e viddi che io stavo sopra il cielo del proprio colore azzurro e vedendomi tanto in alto ebbi paura, ero stato, ero vestito delli miei vestimenti perché il corpo stava sopra l’altare vestito delli paramenti della messa, ma riconoscevo che ero io di circa 25 anni; fuore una turba di uomini accompagnata e mescolata d’Angeli con le mani ninnanti et con allegrezza dicendo. Buona nova già è stato decretato dalla SS. Trinità consacrata; donde uscivano era di cornice di fuoco, quadrata, come la porta di Concistoro di Palazzo, l’angelo più appresso era l’Arcangelo URIELE, io lo conobbi perché si rassomigliava a uno che io avea fatto dipingere di forma rossa li tempi passati; un uomo bellissimo molto mi guardava, credo che fosse stato l’Architetto di dette Terme. Rientrata l’anima, mi voltai come se avessi risuscitato. Io stupito di tanta visione, feci la benedittione, andando al corno sinistro dell’Altare, detto il Vangelo di S. Giovanni, tornai alla Sacristia con gran’allegrezza, fu tanta la prestezza che nessuno degli auditori della Messa sen ne accorse”.
Questa visione profetica doveva avverarsi soltanto cinque anni dopo, nel 1560, sotto Pio IV, Angelo Medici (1559-1566). Si racconta che, essendosi recato il papa a vedere i lavori di Porta Pia, al ritorno incontrasse il sacerdote siciliano che già conosceva, il quale non mancò di rinnovare la preghiera di consacrare le Terme con l’erezione di una nuova chiesa. Sta di fatto che il 27 luglio 1561 Pio IV emanava una bolla con la quale stabiliva che sorgesse nelle Terme una chiesa intitolata a S. Maria degli Angeli e concedeva l’officiatura di essa ai Certosini di Santa Croce in Gerusalemme; il 5 agosto successivo si poneva in forma solenne la prima pietra del nuovo edificio. Ma il sacerdote Antonio Lo Duca non si fermò solo alla costruzione di un tempio dedicato ai sette arcangeli, ma si prodigò perché il culto si diffondesse anche con una Messa e un Ufficio ai Sette Arcangeli. Nella compilazione della Messa e Ufficio dei Sette Angeli, Antonio Lo Duca e Girolamo Maccabei si attennero a quei riferimenti nella S. Scrittura che ricordavano in modo particolare i sette Principi Celesti e particolarmente le sette luci del candelabro aureo di Mosè (Numeri 8) che Antonio interpretava come luce dell’azione e protezione dei Sette Angeli nella Chiesa Universale.
Si era nel 1533 e già si lavorava per la preparazione del grande Concilio di Trento; il Card. Del Monte, signore di Antonio, ne era uno dei più attivi assertori fin dal 1524 e così pure il suo amico Card. Alessandro Farnese che divenuto Papa Paolo III avrebbe aperto tale Concilio nel 1545. Antonio aveva piena fiducia riguarda questo evento, nella azione soprannaturale dei sette eccelsi Principi degli Angeli astanti al Trono di Dio. Del pari sperava che <> ma aggiunse anche che: <>. Il libretto con le orazioni e le immagini dei Sette Angeli fu da lui fatto stampare a Venezia nel 1543 per la prima volta, poi a Roma nel 1555, ancora a Napoli fu stampato nel 1594 e nel 1604. La devozione ai sette arcangeli è ultimamente rinata attraverso la recita della Corona Angelica di Dio e di Maria Rosa Mistica diffusa in tutta Italia e in parte in Europa grazie all’instancabile attività dei gruppi di preghiera della Nuova Devozione Popolare, la quale partendo da suggerimenti soprannaturali di veggenti e da apparizioni mariane, diffonde quelle preghiere e quelle devozioni pressoché sconosciute presso la maggior parte dei cristiani. Tra queste devozioni, una delle più importanti, è l’invocazione ai sette arcangeli tramite la Corona Angelica.
Bibliografia Antonio Norrito, Preghiere Miracolose dettate dal Signore e dalla Madonna a santi e veggenti e le divine promesse, Nuova Devozione Popolare, Edizioni Segno, 2003 Udine. C. Bernardi Solvetti, S. Maria degli Angeli alle Terme e Antonio Lo Duca, edizioni Desclée & C. Editori Pontifici, 1965 Città di Castello. Verga Francesco, S. Michele Arcangelo, promanoscritto 1991 Mongrando.
Articolo di Antonio Norrito