giovedì 10 novembre 2011

“La sana mariologia è la porta che apre al mistero di Cristo e della Chiesa”

  
Intervista al Segretario della Pontificia Accademia Mariana Internazionale
“La sana mariologia è la porta che apre al mistero di Cristo e della Chiesa”, afferma fr. Stefano Cecchin O.F.M., che dal 1996 è Segretario della Pontificia Accademia Mariana Internazionale.
A nome del Santo Padre, la Pontificia Accademia Mariana Internazionale organizza ogni 4 anni i Congressi Mariologico Mariani Internazionali, il cui scopo è quello di “favorire lo sviluppo degli studi scientifici sulla Beata Vergine Maria anche in campo ecumenico e nell'ambito del dialogo interreligioso”; e “promuovere una autentica pietà mariana in seno alla comunità cristiana”.
L’Accademia ha quindi anche il compito di raccogliere e coordinare tutte le notizie sulla mariologia, e per questo mettersi in contatto con tutti i cultori di mariologia del mondo: cattolici, protestanti, ortodossi, e ultimamente anche dei musulmani.
Per meglio comprendere qual è il ruolo di Maria nella storia e nella vita della Chiesa cattolica, è stato intervistato il frate minore Stefano Cecchin.

Chi fu veramente Maria?
Fr. Cecchin: Maria era una donna ebrea che viveva in un lembo di terra in quella parte del continente asiatico che si affaccia sul mare mediterraneo. Il suo paese non era propriamente nella Terra Santa d’Israele. Nazaret si trova nella Galilea delle genti, regione che, non essendo abitata da soli circoncisi, non godeva della stessa purezza canonica della regione in cui sorgeva Gerusalemme. Di Maria sappiamo solo quello che ci raccontano i Vangeli e quello che ci proviene dalla tradizione sia letteraria che archeologica.

Dal punto di vista storico cosa sappiamo di Maria dai Vangeli, dalle testimonianze dirette?
Fr. Cecchin: I Vangeli dicono che Maria, era “una vergine”, promessa sposa di un giovane falegname Giuseppe. Dopo aver ascoltato l’annuncio dell’angelo, coscientemente e liberamente accolse il Figlio che Dio le stava donando. Al che Giuseppe, uomo giusto, pensò di lasciarla libera nell’adempiere la volontà di Dio. Ma anche per lui c’era un progetto: doveva dare a quel figlio il nome e una famiglia. Alla nascita del bambino dovettero fuggire come profughi e perseguitati in Egitto. Il compito di Maria fu quello di concepire, partorire, allevare, educare il Figlio di Dio divenuto in lei e grazie a lei “uomo”. La Vergine lo ha educarlo anzitutto all’amore e all’umiltà. Il bimbo gioiva, esultava, si preoccupava, pregava, ecc. già nel grembo di Maria. Non si può dimenticare – come faranno i Padri e gli autori medievali – che l’uomo Gesù è tutto da Maria.
L’archeologia di Terra Santa ci offre preziose testimonianze su Maria che dimostrano l’antichità del culto: dal graffito “Ave Maria” nella casa di Nazareth al sepolcro della Vergine a Gerusalemme del I secolo. Talora queste testimonianze sono in conformità con i racconti su Maria dei Vangeli apocrifi. Ma se vogliamo avere maggiori notizie delle origini dobbiamo far riferimento alle fonti giudeo-cristiane, ai cosiddetti “fratelli di Gesù”, coloro che avevano occupato i santuari di Nazaret e Gerusalemme sino all’avvento di Costantino. Essi furono i custodi dei luoghi di Maria perché si reputavano loro discendenti. Tutto questo è studiato dalla Facoltà di scienze bibliche e archeologiche di Gerusalemme.

Qual è il significato della sua Verginità?
Fr. Cecchin: La Verginità di Maria ingloba due verità di fede: il Concepimento verginale di Cristo e la perpetua verginità di Maria. Il fatto che Maria sia Vergine è garanzia che Cristo è Dio, perché egli “per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria” (credo niceno-costantinopolitano). Il concepimento di Gesù avviene senza il concorso di un uomo, ma per l’intervento di Dio che nel grembo di Maria realizza l’unione ipostatica della natura divina con quella umana. Fu così allora che Maria, come dice sant’Antonio di Padova, ha condiviso il Figlio con Dio Padre: il Padre ha dato la divinità, la Madre l’umanità, per cui Gesù è Figlio di Dio e di Maria. Con l’unione della natura divina con quella umana, tutta l’umanità è stata adottata da Dio e ogni uomo è divenuto “figlio di Dio” per adozione.
Tutto questo è avvenuto nel grembo della “Vergine fatta Chiesa” e grazie al suo consenso. La Vergine allora diventa feconda per la sua fede e diventa “madre di Dio”. Questo implica la realizzazione delle promesse messianiche alle quali era legata la “benedizione” e la “beatitudine”. Così Elisabetta dirà a Maria: Benedetta tu fra le donne (Lc 1,42) e: beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore (Lc 1,45). La Vergine è beata perché ricolma della massima benedizione che Dio poteva farle: il suo stesso Figlio. Maria, allora, è ricolma di Colui che neppure i cieli possono contenere, lo stesso Autore della vita. E’ ovvio allora pensare che questa esperienza non è stata un momento passeggero. L’utero di Maria non è stato solo usato per far passare Dio e basta!
L’unione della Vergine con Dio è stata una esperienza unica e duratura, che ha legato la madre con il Figlio in un amore indissolubile. In Gesù Maria ha trovato il suo tutto, sia dal punto di vista spirituale come anche in quello materiale. Maria è la donna soddisfatta e pienamente realizzata con il massimo delle maternità: ha concepito e partorito Dio! Come si può allora pensare che la Vergine abbia avuto altri desideri quando era stata pienamente soddisfatta da Cristo? Il ritenere che, dopo l’esperienza di questa maternità Maria abbia avuto altri figli, è una mancanza di fede verso Gesù, che non sarebbe stato capace di dare alla madre quello che lui stesso ha promesso per quanti ascoltano e mettono in pratica la sua parola: cento volte tanto e la vita eterna (Mt 19,29).
Maria per la sua fede ha ottenuto Gesù, la somma beatitudine. Per questo motivo, alla Chiesa di sempre, in sintonia con la tradizione biblica, è sembrato un obbrobrio il pensare che Maria abbia desiderato altri figli al di fuori del suo figlio Gesù: è questo il senso della perpetua verginità.

Perché, nonostante i tanti scettici, Maria gode di una così vasta e ardente venerazione?
Fr. Cecchin: Questo tipo di scettici generalmente sono dei semplici disinformati. La sana “mariologia” è la porta che apre al mistero di Cristo e della Chiesa. E’ quanto afferma il Concilio Vaticano II nel capitolo VIII della Lumen gentium. Purtroppo la crisi post-conciliare, una crisi che ha investito una certa parte dei teologi e del clero, ha messo in crisi la figura di Maria. La carenza di una sana mariologia da parte di certi pastori ha portato tra i fedeli l’aumento di un certo “devozionismo” e della ricerca di fatti miracolosi. Il Concilio aveva raccomandato di evitare “la ristrettezza mentale” e “l’esagerato devozionismo” cose che hanno disatteso il monito conciliare.
In ogni caso, la Chiesa non vuole e non può rinunciare a Maria. Molti non si rendono conto che la Vergine non è una semplice “devozione” ma fa parte del “dogma” della Chiesa cattolica. In effetti, Gesù dalla croce, nelle sue ultime volontà, affida alla Chiesa sua Madre, non tanto perché la custodisca nella sua casa ma perché la conservi nelle sue verità di fede, nella sua coscienza aperta alla ricerca di Dio. Maria è la chiave del mistero cristiano. Per questo motivo i Romani Pontefici sono sempre stati attenti a sollecitare i pastori e i fedeli a riconoscere il posto fondamentale di Maria nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa e del cristiano.
E dobbiamo riconoscere che il popolo cristiano, nel suo “senso di fede”, ha saputo sempre nutrire e conservare un speciale amore verso Colei che ha reso Gesù nostro fratello; e, generalmente, chi ama tende ad esagerare, a ricoprire l’amata anche del superfluo, come avviene spesso nelle manifestazioni della pietà popolare: e forse è questo che può scandalizzare certi “aristocratici del pensiero”.
Nonostante ciò la Chiesa “edotta dallo Spirito Santo” (Marialis cultus, n. 57) continua ad insegnare che Maria è un “dato essenziale della fede e della vita della Chiesa” (Congr. per l’educazione cattolica, La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale, n. 2), un dato che ha suscitato un continuo interesse nella riflessione cristiana sin dai primi secoli, con un costante e progressivo sviluppo e arricchimento della dottrina e della fede. L’impegno permanente della Chiesa è stato ed è quello di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, e in questa sua decisiva missione appare il posto e il ruolo centrale che spetta alla Vergine, la quale rappresenta il simbolo culturale più potente e popolare degli ultimi duemila anni, che segna la vita di molti popoli e che “è fondamentale per il ‘pensare’ cristiano” (Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il giovedì santo 1995, in L’Osservatore Romano [8 aprile 1995] 4).

In che modo San Francesco si riferiva a Maria e in che modo si è sviluppata una spiritualità mariana francescana?
Fr. Cecchin: La vocazione di San Francesco è essenzialmente mariana. Come Maria e per i suoi meriti, racconta san Bonaventura di Bagnoregio, Francesco concepisce e partorisce lo spirito della verità evangelica. Questo avviene a S. Maria degli Angeli, luogo “nel quale san Francesco, guidato dalla divina rivelazione, diede inizio all’Ordine dei frati minori” (Fonti Francescane n. 1050). Scrivendo le sue ultime volontà a Chiara, il santo dice: “Io, frate Francesco piccolo, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signor nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa fino alla fine”. Si tratta della doppia sequela: seguire Gesù e Maria. Questa strada, aperta dal santo, fu fedelmente seguita dei francescani sino ad oggi. Gesù e Maria diventano gli ispiratori della teologia, della spiritualità e dell’antropologia francescana. La riflessione sul maschile e femminile, sulla pari dignità che unisce l’uomo Gesù con la “madre, sorella e sposa” Maria, porterà i francescani a diventare i difensori dell’Immacolata Concezione e dell’assunzione di Maria. Queste due verità scaturiscono dalla contemplazione di quel Dio che esce dal grembo del Padre (Gv 1,18) per venire ad abitare nel grembo della madre, e che motiveranno Francesco a farsi povero ad imitazione di Dio che scelse di rinunciare alla sua ricchezza per farsi povero nell’incarnazione.