IO, EX LESBICA
ANTICLERICALE
OGGI SPOSATA CON UN UOMO,
VI SVELO L'INGANNO DELLA
CULTURA GAY
Se quella era la libertà, perché mi
sentivo morta?
Oggi rispondo: perché venivo da una realtà
mossa da interessi politici ed economici
che speculava sulla sofferenza dell’altro
di Francesca (Avvenire)
Ho scoperto di essere lesbica quando
lavoravo negli ambienti universitari. Mi occupavo di scienze sociali perciò, un
po' per lavoro, un po' per interesse, iniziai a frequentare movimenti
femministi. Provenivo da un ambiente sociale e famigliare segnato da un forte
clima di individualismo (ognuno deve sapersela cavare da solo e bene), perciò
non fu difficile per me sposare ciò che il femminismo radicale insegna: la
donna basta a se stessa e l'uomo rappresenta un nemico.
Nei numerosi circoli culturali che
frequentavo, notavo che i dibattiti, l'arte, le presentazioni librarie, la
moda, la comunicazione, gli eventi avevano un filo comune che tesseva
l'immagine della donna di oggi: difenditi e aggredisci per sopravvivere al
maschio dominatore e trova solidarietà e protezione nelle donne.
Eppure la quotidiana battaglia che vedevo
non era verso il maschio conquistatore dipinto in passato dal femminismo
tradizionale. In realtà, mi confrontavo sempre più con uomini profondamente in
crisi con la propria mascolinità, intimoriti dall'aggressività della donna e
incapaci di gestire e prendere decisioni. Conoscevo donne stanche (tra cui io
stessa) di condurre relazioni con uomini simili a bambini impauriti e immaturi.
Conoscevo uomini a metà, che dovevano
tener testa all'aggressività della donna nella società e sul lavoro. In questo
scenario, la complementarietà uomo-donna si stava trasformando in divergenza
prima e ribaltamento poi della mascolinità e femminilità. Io stessa ero un
meccanismo inconsapevole di questo ingranaggio. Con il tempo, iniziai a provare
sempre più sfiducia verso gli uomini, mentre cresceva una forte complicità con
le donne che fece emergere la mia omosessualità.
Mi sentii realizzata e credetti finalmente
di aver trovato una completezza interiore. Ne ero pienamente sicura! Ero certa
che solo un'altra donna potesse comprendermi e darmi quella protezione che io
come donna desideravo. Poco alla volta, però, iniziai a sentirmi svuotata.
Quel vortice di condivisione emotiva mi
consumava. Se quella era la libertà, perché mi sentivo morta? Oggi rispondo:
perché venivo da una realtà mossa da interessi politici ed economici che
speculava sulla sofferenza dell'altro. Al minimo dubbio sulla condizione
omosessuale, mi sentivo rispondere: «Tu sei così, è la tua vera natura, non
fare domande inutili e vivi, la colpa è dell'altro che non sa accettarti». Un
vero inganno.
Ero un'anticlericale favorevole alla
laicità della società, finché qualcosa si mosse in me. Dopo tanto tempo, mi
avvicinai alla fede a seguito di un pellegrinaggio a Medjugorje. Iniziai così
un percorso cristiano nel quale incontrai sacerdoti e associazioni cattoliche
che accolsero la mia sofferenza e con i quali cercai di comprendere la verità
della mia identità alla luce dell'onestà intellettuale, scientifica e della
dignità umana, aiutata anche da alcuni psicoterapeuti.
La presa di coscienza di quanto fosse
alterata la realtà femminista nella quale vivevo, mi permise di iniziare un percorso
che mi ha portato a riconnettermi con la mia identità di donna.
Oggi so che la mia omosessualità è stata
la conseguenza di un modo di percepire falsamente la mia identità, secondo una
realtà artificiale nella quale mascolinità e femminilità assumono caratteri
indistinti, liquidi, sostituibili e ribaltabili. Mi sono sposata e al mio
fianco cammina un uomo integro nella sua mascolinità.
È nella verità della propria identità che
risiede la libertà.