mercoledì 19 febbraio 2014

FORMAZIONE DOTTRINALE


FORMAZIONE DOTTRINALE


Ascoltare con fede e devozione la Parola di Dio. La lettura del Vangelo. L’ignoranza, «il maggior nemico di Dio nel mondo».
La formazione del cristiano continua per tutta la vita. Necessità di una buona formazione.
Tempo e costanza per acquistare la buona dottrina. La lettura spirituale.
La prima lettura della Messa ci narra con commozione il ritorno del popolo eletto in Giudea, dopo il lungo esilio babilonese. In terra giudaica un sacerdote, Esdra, spiega ai membri del popolo il contenuto della Legge che essi avevano dimenticato durante gli anni trascorsi in terra straniera. Lesse il libro sacro «dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno», e tutti, in piedi, seguivano gli insegnamenti, e «tutto il popolo piangeva». È un pianto nel quale si mescolano la gioia di sentire nuovamente annunciata la Legge di Dio, e la tristezza, poiché l’averla dimenticata in passato aveva cagionato l’esilio.
Quando siamo riuniti per partecipare alla santa Messa ascoltiamo in piedi, in atteggiamento vigile, la Buona Novella che il Vangelo ci porta sempre.
Dobbiamo ascoltarlo con una disposizione interiore attenta, umile e grata, poiché sappiamo che il Signore si rivolge a ciascuno in particolare. «Cerchiamo di udire ora il Vangelo quasi come se fosse qui presente il Signore; non diciamo quindi: felici costoro che poterono vederlo! Infatti molti tra coloro che lo videro poi lo misero a morte, mentre molti di noi che non lo hanno visto credono in lui. Tutti i preziosi insegnamenti che uscivano dalle labbra del Signore, per noi sono stati scritti, per noi sono stati conservati, per noi sono letti, e saranno letti per i nostri posteri, fino alla fine dei secoli».
Si ama solo chi si conosce; per questo, molti cristiani dedicano ogni giorno alcuni minuti alla lettura e alla meditazione del santo Vangelo, che ci conduce come per mano a conoscere e contemplare Gesù. Ci insegna a vederlo come lo videro gli apostoli, a osservarne le reazioni, il modo di comportarsi, ad ascoltarne le parole colme sempre di sapienza e di autorità; ce lo mostra ora pieno di compassione davanti alla disgrazia, ora santamente adirato, comprensivo con i peccatori, risoluto davanti ai farisei che snaturavano la religione, pieno di pazienza verso i discepoli, che spesso non colgono il significato delle sue parole. Ci sarebbe assai difficile amare Cristo, conoscerlo davvero, se non ascoltassimo spesso la Parola di Dio, se non leggessimo con attenzione, ogni giorno, il santo Vangelo. Questa lettura -magari di pochi minuti- alimenta la nostra pietà.
Dopo aver letto i passi della Sacra Scrittura il sacerdote dice: «Parola di Dio». E tutti i fedeli rispondono: «Rendiamo grazie a Dio». E come gli rendiamo grazie? Il Signore non si contenta delle parole: vuole anche un ringraziamento fatto di opere. Non possiamo correre il rischio di dimenticare la legge di Dio: dobbiamo evitare che gli insegnamenti della Chiesa rimangano per noi come verità vaghe e inefficaci, o superficialmente conosciute; questo rappresenterebbe per la nostra vita un esilio molto più amaro di quello di Babilonia. Il gran nemico di Dio nel mondo è l’ignoranza, «che è la causa e come la radice di tutti i mali che affliggono i popoli e turbano tante anime».
Sappiamo bene come il male che affligge un gran numero di cristiani sia la mancanza di formazione dottrinale. Più ancora, molti sono contagiati dall’errore, malattia ancor più grave della stessa ignoranza. Sarebbe una gran pena se noi, per mancanza della necessaria preparazione, non sapessimo far conoscere Cristo agli altri, illuminandoli perché possano comprendere i suoi insegnamenti.
Nella Messa di oggi leggiamo l’inizio del Vangelo di san Luca, il quale esordisce annunciando un resoconto della vita di Cristo scritto per persuaderci della solidità degli insegnamenti ricevuti. L’obbligo di conoscere in profondità la dottrina di Gesù -ciascuno secondo le circostanze della sua vita- compete a tutti, e dura per tutto il tempo che saremo viandanti su questa terra.
«Per crescere nella fede e nella vita cristiana, tanto più nell’ambiente ostile nel quale viviamo, è necessario uno sforzo positivo e un esercizio continuo della libertà personale. Tale sforzo comincia dallo stimare la propria fede come la realtà più importante della vita. Da questa consapevolezza nascono l’interesse per conoscere e praticare i contenuti della fede in Dio, e la sequela di Cristo nell’ambiente complesso e vario della vita concreta di ogni giorno». Non dobbiamo mai pensare di aver completato la nostra formazione, mai dovremmo sentirci a posto nè pagati delle conoscenze che abbiamo potuto acquisire intorno a Cristo e ai suoi insegnamenti. L’amore esige di conoscere sempre di più la persona amata. Nella vita professionale un medico, un architetto o un avvocato, se sono buoni professionisti, non considerano terminato lo studio una volta conseguita la laurea: sono in continua formazione. Lo stesso avviene per il cristiano. Si può applicare anche alla formazione dottrinale la sentenza di sant’Agostino: «Hai detto basta? Sei perduto».
La qualità dello strumento -questo siamo noi tutti: strumenti nelle mani di Dio- può sempre migliorare, sviluppare nuove possibilità. Ogni giorno possiamo amare un po’ di più ed essere più esemplari. Non ci sarà possibile ottenere ciò se il nostro intelletto non riceve continuamente l’alimento della sana dottrina. «Non so quante volte mi hai detto», commenta il cardinal Newman, «che un vecchio irlandese che non sappia far altro che pregare il Rosario può essere più santo di me, con tutti i miei studi. È possibilissimo che sia così e, per il suo bene, mi auguro che sia così. Però se l’unico motivo che t’induce a tale affermazione è che sa meno teologia di me, questo motivo non è convincente né per me né per lui. Non convincerebbe lui perché tutti i vecchi irlandesi devoti al Rosario e al Santissimo che ho incontrato [...] erano desiderosi di conoscere con maggior profondità la loro fede. E non convincerebbe me, perché quantunque sia evidente che un uomo ignorante può essere virtuoso, è altrettanto evidente che l’ignoranza non è una virtù. Ci sono stati martiri che non sarebbero stati in grado di enunciare con correttezza la dottrina della Chiesa, e tuttavia il martirio è la prova eccelsa dell’amore. Ma se avessero conosciuto di più Dio, il loro amore sarebbe stato più grande»
La «fede semplice» (io credo tutto, anche se non so che cosa sia) non è sufficiente per il cristiano che, in mezzo al mondo, trova ogni giorno confusione e mancanza di chiarezza riguardo alla dottrina di Cristo -l’unica dottrina salvifica- e ai problemi etici, nuovi e antichi, nei quali si imbatte nell’esercizio della professione, nella vita famigliare, nell’ambiente in cui si svolge la sua vita.
Il cristiano deve conoscere bene gli argomenti che gli permettono di arginare e di contrastare gli attacchi dei nemici della fede; deve saperli presentare in modo attraente (non si guadagna nulla con l’intemperanza, la discussione e il malumore), con chiarezza (senza sfumare laddove non si può) e con precisione (senza dubbi né titubanze).
La «fede della vecchina» può forse salvare la vecchina, ma per la gran parte dei cristiani l’ignoranza dei contenuti della fede significa generalmente mancanza di fede, incuria, difetto d’amore: «spesso l’ignoranza è figlia della pigrizia», ripeteva san Giovanni Crisostomo. Nella lotta contro l’incredulità è molto importante possedere una conoscenza precisa e completa della teologia cattolica. Per questo «qualsiasi ragazzino ben istruito nel catechismo è, senza che lui lo sospetti, un autentico missionario». Mediante lo studio del catechismo, vero compendio della fede, e le letture che ci consigliano nella direzione spirituale, combatteremo l’ignoranza e l’errore in molti ambienti e in molte persone, che potranno così far fronte a tante dottrine false e a tanti maestri dell’errore.
La buona formazione richiede tempo e costanza. La continuità aiuta a comprendere e ad assimilare, a tradurre in comportamenti di vita la dottrina che giunge al nostro intelletto. Per questo dobbiamo fare in modo, in primo luogo, che i canali siano aperti e circoli in essi la sana dottrina: presteremo il necessario interesse alla nostra formazione, convinti di quanto è importante per noi curare con diligenza la pratica della lettura spirituale, secondo un piano ben studiato, in modo che il contenuto lasci un costante deposito nella nostra anima.
Si è detto che per guarire un malato basta essere medico; non è necessario contrarre la stessa malattia. Nessuno deve essere «così ingenuo da pensare che, se vuole formazione teologica, gli è necessario sorbire tutto l’ingurgitabile..., ancorché tossico.
Questo è di buon senso, non solo di senso soprannaturale, e ciascuno per esperienza potrebbe confermarlo con molti esempi». Per questo motivo, chiedere consiglio per le letture è un aspetto importante della virtù della prudenza: lo è in modo particolare quando si tratti di libri teologici o filosofici, che possono compromettere la nostra formazione e la nostra stessa fede. È molto importante non sbagliare nella scelta di un libro da leggere. E l’importanza diventa maggiore per quei libri che sono specificamente destinati alla formazione della nostra anima.
Se siamo costanti, se curiamo i mezzi tramite i quali ci giunge la buona dottrina (lettura spirituale, ritiri, circoli di studio, conversazioni formative, direzione spirituale...), ci ritroveremo, quasi senza accorgercene, con una gran ricchezza interiore che poco per volta assimileremo nella nostra vita. E quanto ai rapporti con gli altri ci troveremo come il contadino con il cesto della semente colmo davanti al campo arato pronto a ricevere il buon seme, poiché quello che riceviamo è utile per la nostra anima e per essere trasmesso ad altri. La semente si perde quando non viene fatta fruttificare, e il mondo è un immenso solco nel quale Cristo vuole che seminiamo la sua dottrina.