Ascoltare con fede e devozione la Parola di Dio. La lettura del Vangelo.
L’ignoranza, «il maggior nemico di Dio nel mondo».
La formazione del cristiano continua per tutta la vita. Necessità di una
buona formazione.
Tempo e costanza per acquistare la buona dottrina. La lettura spirituale.
La prima lettura della Messa ci narra con
commozione il ritorno del popolo eletto in Giudea, dopo il lungo esilio
babilonese. In terra giudaica un sacerdote, Esdra, spiega ai membri del popolo
il contenuto della Legge che essi avevano dimenticato durante gli anni
trascorsi in terra straniera. Lesse il libro sacro «dallo spuntar della luce fino
a mezzogiorno», e tutti, in piedi, seguivano gli insegnamenti, e «tutto il
popolo piangeva». È un pianto nel quale si mescolano la gioia di sentire
nuovamente annunciata la Legge di Dio, e la tristezza, poiché l’averla
dimenticata in passato aveva cagionato l’esilio.
Quando siamo riuniti per partecipare alla
santa Messa ascoltiamo in piedi, in atteggiamento vigile, la Buona Novella che
il Vangelo ci porta sempre.
Dobbiamo ascoltarlo con una disposizione
interiore attenta, umile e grata, poiché sappiamo che il Signore si rivolge a
ciascuno in particolare. «Cerchiamo di udire ora il Vangelo quasi come se fosse
qui presente il Signore; non diciamo quindi: felici costoro che poterono
vederlo! Infatti molti tra coloro che lo videro poi lo misero a morte, mentre
molti di noi che non lo hanno visto credono in lui. Tutti i preziosi
insegnamenti che uscivano dalle labbra del Signore, per noi sono stati scritti,
per noi sono stati conservati, per noi sono letti, e saranno letti per i nostri
posteri, fino alla fine dei secoli».
Si ama solo chi si conosce; per questo,
molti cristiani dedicano ogni giorno alcuni minuti alla lettura e alla
meditazione del santo Vangelo, che ci conduce come per mano a conoscere e
contemplare Gesù. Ci insegna a vederlo come lo videro gli apostoli, a
osservarne le reazioni, il modo di comportarsi, ad ascoltarne le parole colme
sempre di sapienza e di autorità; ce lo mostra ora pieno di compassione davanti
alla disgrazia, ora santamente adirato, comprensivo con i peccatori, risoluto
davanti ai farisei che snaturavano la religione, pieno di pazienza verso i
discepoli, che spesso non colgono il significato delle sue parole. Ci sarebbe
assai difficile amare Cristo, conoscerlo davvero, se non ascoltassimo spesso la
Parola di Dio, se non leggessimo con attenzione, ogni giorno, il santo Vangelo.
Questa lettura -magari di pochi minuti- alimenta la nostra pietà.
Dopo aver letto i passi della Sacra
Scrittura il sacerdote dice: «Parola di Dio». E tutti i fedeli rispondono:
«Rendiamo grazie a Dio». E come gli rendiamo grazie? Il Signore non si contenta
delle parole: vuole anche un ringraziamento fatto di opere. Non possiamo
correre il rischio di dimenticare la legge di Dio: dobbiamo evitare che gli
insegnamenti della Chiesa rimangano per noi come verità vaghe e inefficaci, o
superficialmente conosciute; questo rappresenterebbe per la nostra vita un
esilio molto più amaro di quello di Babilonia. Il gran nemico di Dio nel mondo
è l’ignoranza, «che è la causa e come la radice di tutti i mali che affliggono
i popoli e turbano tante anime».
Sappiamo bene come il male che affligge un
gran numero di cristiani sia la mancanza di formazione dottrinale. Più ancora,
molti sono contagiati dall’errore, malattia ancor più grave della stessa
ignoranza. Sarebbe una gran pena se noi, per mancanza della necessaria
preparazione, non sapessimo far conoscere Cristo agli altri, illuminandoli
perché possano comprendere i suoi insegnamenti.
Nella Messa di oggi leggiamo l’inizio del
Vangelo di san Luca, il quale esordisce annunciando un resoconto della vita di
Cristo scritto per persuaderci della solidità degli insegnamenti ricevuti.
L’obbligo di conoscere in profondità la dottrina di Gesù -ciascuno secondo le
circostanze della sua vita- compete a tutti, e dura per tutto il tempo che saremo
viandanti su questa terra.
«Per crescere nella fede e nella vita
cristiana, tanto più nell’ambiente ostile nel quale viviamo, è necessario uno
sforzo positivo e un esercizio continuo della libertà personale. Tale sforzo
comincia dallo stimare la propria fede come la realtà più importante della
vita. Da questa consapevolezza nascono l’interesse per conoscere e praticare i
contenuti della fede in Dio, e la sequela di Cristo nell’ambiente complesso e
vario della vita concreta di ogni giorno». Non dobbiamo mai pensare di aver
completato la nostra formazione, mai dovremmo sentirci a posto nè pagati delle
conoscenze che abbiamo potuto acquisire intorno a Cristo e ai suoi
insegnamenti. L’amore esige di conoscere sempre di più la persona amata. Nella
vita professionale un medico, un architetto o un avvocato, se sono buoni
professionisti, non considerano terminato lo studio una volta conseguita la
laurea: sono in continua formazione. Lo stesso avviene per il cristiano. Si può
applicare anche alla formazione dottrinale la sentenza di sant’Agostino: «Hai
detto basta? Sei perduto».
La qualità dello strumento -questo siamo
noi tutti: strumenti nelle mani di Dio- può sempre migliorare, sviluppare nuove
possibilità. Ogni giorno possiamo amare un po’ di più ed essere più esemplari.
Non ci sarà possibile ottenere ciò se il nostro intelletto non riceve
continuamente l’alimento della sana dottrina. «Non so quante volte mi hai
detto», commenta il cardinal Newman, «che un vecchio irlandese che non sappia
far altro che pregare il Rosario può essere più santo di me, con tutti i miei
studi. È possibilissimo che sia così e, per il suo bene, mi auguro che sia
così. Però se l’unico motivo che t’induce a tale affermazione è che sa meno
teologia di me, questo motivo non è convincente né per me né per lui. Non
convincerebbe lui perché tutti i vecchi irlandesi devoti al Rosario e al
Santissimo che ho incontrato [...] erano desiderosi di conoscere con maggior
profondità la loro fede. E non convincerebbe me, perché quantunque sia evidente
che un uomo ignorante può essere virtuoso, è altrettanto evidente che
l’ignoranza non è una virtù. Ci sono stati martiri che non sarebbero stati in
grado di enunciare con correttezza la dottrina della Chiesa, e tuttavia il
martirio è la prova eccelsa dell’amore. Ma se avessero conosciuto di più Dio,
il loro amore sarebbe stato più grande»
La «fede semplice» (io credo tutto, anche
se non so che cosa sia) non è sufficiente per il cristiano che, in mezzo al
mondo, trova ogni giorno confusione e mancanza di chiarezza riguardo alla
dottrina di Cristo -l’unica dottrina salvifica- e ai problemi etici, nuovi e
antichi, nei quali si imbatte nell’esercizio della professione, nella vita
famigliare, nell’ambiente in cui si svolge la sua vita.
Il cristiano deve conoscere bene gli
argomenti che gli permettono di arginare e di contrastare gli attacchi dei
nemici della fede; deve saperli presentare in modo attraente (non si guadagna
nulla con l’intemperanza, la discussione e il malumore), con chiarezza (senza
sfumare laddove non si può) e con precisione (senza dubbi né titubanze).
La «fede della vecchina» può forse salvare
la vecchina, ma per la gran parte dei cristiani l’ignoranza dei contenuti della
fede significa generalmente mancanza di fede, incuria, difetto d’amore: «spesso
l’ignoranza è figlia della pigrizia», ripeteva san Giovanni Crisostomo. Nella
lotta contro l’incredulità è molto importante possedere una conoscenza precisa
e completa della teologia cattolica. Per questo «qualsiasi ragazzino ben
istruito nel catechismo è, senza che lui lo sospetti, un autentico
missionario». Mediante lo studio del catechismo, vero compendio della fede, e
le letture che ci consigliano nella direzione spirituale, combatteremo
l’ignoranza e l’errore in molti ambienti e in molte persone, che potranno così
far fronte a tante dottrine false e a tanti maestri dell’errore.
La buona formazione richiede tempo e
costanza. La continuità aiuta a comprendere e ad assimilare, a tradurre in
comportamenti di vita la dottrina che giunge al nostro intelletto. Per questo
dobbiamo fare in modo, in primo luogo, che i canali siano aperti e circoli in
essi la sana dottrina: presteremo il necessario interesse alla nostra
formazione, convinti di quanto è importante per noi curare con diligenza la
pratica della lettura spirituale, secondo un piano ben studiato, in modo che il
contenuto lasci un costante deposito nella nostra anima.
Si è detto che per guarire un malato basta
essere medico; non è necessario contrarre la stessa malattia. Nessuno deve
essere «così ingenuo da pensare che, se vuole formazione teologica, gli è
necessario sorbire tutto l’ingurgitabile..., ancorché tossico.
Questo è di buon senso, non solo di senso
soprannaturale, e ciascuno per esperienza potrebbe confermarlo con molti
esempi». Per questo motivo, chiedere consiglio per le letture è un aspetto
importante della virtù della prudenza: lo è in modo particolare quando si
tratti di libri teologici o filosofici, che possono compromettere la nostra
formazione e la nostra stessa fede. È molto importante non sbagliare nella
scelta di un libro da leggere. E l’importanza diventa maggiore per quei libri
che sono specificamente destinati alla formazione della nostra anima.
Se siamo costanti, se curiamo i mezzi
tramite i quali ci giunge la buona dottrina (lettura spirituale, ritiri,
circoli di studio, conversazioni formative, direzione spirituale...), ci
ritroveremo, quasi senza accorgercene, con una gran ricchezza interiore che
poco per volta assimileremo nella nostra vita. E quanto ai rapporti con gli altri
ci troveremo come il contadino con il cesto della semente colmo davanti al
campo arato pronto a ricevere il buon seme, poiché quello che riceviamo è utile
per la nostra anima e per essere trasmesso ad altri. La semente si perde quando
non viene fatta fruttificare, e il mondo è un immenso solco nel quale Cristo
vuole che seminiamo la sua dottrina.