lunedì 12 marzo 2018

UN VERO CASO DI POSSESSIONE



UN VERO CASO DI POSSESSIONE

Patrizia è del centro Italia, mentre il marito è calabrese. Si sono conosciuti e sposati in Svizzera quando avevano poco più di vent’anni. Hanno due figli grandi, sono una coppia affiatata, una famiglia normale e conducono un’esistenza tranquilla. Tranne per un particolare. La donna è ossessionata dai suoi capelli. Trascorre anche sette o otto ore al giorno a sistemarsi in modo compulsivo la frangia, perché qualcosa dentro di lei le suggerisce che non cade bene e deve metterla a posto. (Sembra un problema di origine compulsivo, ma si tratta di possessione).
Naturalmente ha già consultato uno specialista, anzi più di uno: almeno sei o sette psichiatri le hanno assicurato che non soffre di nessun disturbo e che è perfettamente in sé. Anch’io ho la stessa impressione: dimostra di avere idee molto chiare, descrive i suoi sintomi con proprietà, parla con eleganza, non si ripete. Alcuni medici le avevano prescritto ansiolitici che non avevano avuto l’effetto di ridurre i suoi problemi, ma non avevano avuto l’effetto di ridurre i suoi problemi, ma le avevano causato tutti gli effetti secondari di questi farmaci. Gli stessi dottori le avevano consigliato poi di smettere. Mi racconta che una volta, di fronte alla sua conoscenza della materia, uno di loro è sbottato: Chi è lo specialista di malattie mentali, qui: io o lei?.
In effetti sembra un’esperta, non si contraddice, appare molto equilibrata, anche mentre continua a passarsi la mano tra i capelli. Cerco di capire di più, di sapere particolari della loro vita, del rapporto con la religione. Mi dicono che sono entrambi cattolici, ma non praticanti. Tuttavia, in occasione di solennità religiose come il Natale vanno in Chiesa e a volte partecipano alle sagre e feste popolari per la ricorrenza di un santo.
Si trovava a Pitigliano quando succede qualcosa che li sconvolse. Mentre visitavano il santuario del Santissimo Crocifisso a Ischia di Castro, non lontano dalla cittadina toscana, Patrizia cominciò a parlare con voce da uomo. Al marito si gelò il sangue nelle vene. “Andiamo via perché non posso vedere questo qui” disse la donna con voce cavernosa, e poi spiegò, indicando un’immagine di Giovanni Paolo II presente nella Chiesa: E’ lui che mi ha sottratto molte anime.
Spaventati, si erano rivolti a un esorcista del luogo e poi avevano cercato me a Coira. Insieme al gruppo di preghiera cominciammo a recitare il Rosario a voce alta. Dentro di me intimai al demonio: “In nomine Christi, dimmi il tuo nome”. Questo ordine silenzioso è uno stratagemma che uso in alcuni casi, per attaccare di sorpresa il demonio e verificare se mi trovo davvero di fronte a un problema di possessione.
Anche Patrizia pregava con noi, alle Ave Maria.
“In nomine Christi” ripetei mentalmente “dimmi il tuo nome”.
“Ave Maria, piena di grazia, - Non te lo dico – il Signore è con te” recitò lei a voce alta.
Il diavolo stava rispondendo alle mie richieste mute, manifestando la sua presenza attraverso Patrizia.
“Quando vai via?” chiesi ancora, sempre solo nella mia mente.
“Santa Maria, madre di Dio” continuò la donna “non andrò mai via – prega per noi, peccatori…”
Erano le conferme che mi servivano. Era chiaro che eravamo in presenza di un vero fenomeno di possessione. Smettemmo di recitare il Rosario, indossai la stola e cominciai la preghiera di esorcismo.
Vistosi scoperto, il demonio cessò di dissimulare e mise in scena tutto il repertorio: la donna si produsse in risate agghiaccianti, parlò con voce alterata, volse in giro sguardi che, purtroppo, possono essere solo essere definiti demoniaci, perché tali sono. Era furente e lottava con me.
Le sedute si ripetevano ogni settimana, ma a ogni mia domanda continuava a ripetere :”Non te lo dirò mai”.  Tranne una volta. Erano mesi, che la incontravo: la presenza del maligno in lei sembrava essersi indebolita. Quella volta, quando gli domandai: “Quando andrai via?” rispose solo: “A Natale”.
Arrivò il 25 dicembre; radunai il gruppo di preghiera e iniziammo a pregare tutti insieme con fervore per molte ore: che gioia sarebbe stata restituire Patrizia e la sua famiglia alla pace proprio nel giorno in cui si celebra la nascita del principe della pace! Ripetei più di una volta la preghiera di esorcismo, ma il demonio non abbandonò il corpo della donna. Ci aveva mentito: non è forse bugiardo per eccellenza? Colui che ha mentito fin dall’inizio, dalle origini del mondo?
Intanto a Pitigliano avvenivano accadimenti singolari. Un uomo che non conosceva Patrizia e non aveva alcun contatto con lei andò dall’esorcista a cui si era rivolta inizialmente per chiedere aiuto. Attraverso quell’individuo, il demonio che lo possedeva iniziò a rivelare particolari suoi problemi che erano all’origine dei fenomeni che affliggevano Patrizia. Apprendemmo che la causa risaliva alla sua giovinezza. A sua insaputa l’aveva colpita una maledizione. Aveva dei bellissimi capelli, che un giorno aveva deciso di tagliare per cambiare look. La parrucchiera o un’altra signora del negozio le aveva chiesto il permesso di prenderli per realizzare una parrucca e la ragazza aveva accettato. I capelli, invece, erano stati usati per un rito satanico.
Scoprì anche che in quel periodo la giovane si divertiva a leggere le carte alle sue amiche, un po’ per gioco, come fanno in tanti. Il problema era che invece delle solite “predizioni” – “incontrerai l’uomo della tua vita; a metà della tua vita diventerai ricco e famoso; avrai tre figli” - , riusciva a vedere cose vere, che nessuno poteva conoscere.
Appena si era resa conto di questo potere oltre l’umano, aveva smesso subito, spaventata delle conseguenze. Ormai, però, aveva aperto la porta al demonio.
Ho ripetuto tante volte questa formula, nei mesi in cui ho cercato di aiutarla:
“Ti ordino, Satana, seduttore del genere umano: riconosci lo Spirito di verità e di grazia, lo Spirito che respinge le tue insidie e smaschera le tue menzogne. Esci da questa creatura, che Dio ha segnato con il sigillo. Abbandona questa donna: Dio l’ha resa suo tempio santo con l’unzione del suo Spirito. Vattene, dunque satana: vattene nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Allontanati per la fede e la preghiera della Chiesa. Fuggi per il segno della santa Croce di Gesù Cristo, Signore nostro. Egli vive e regna nei secoli dei secoli”.
Il maligno, tuttavia, non desisteva. In quella povera creatura albergavano più demoni e quello più forte impediva ai più deboli di parlare. Una delle sue astuzie era convincerla di essere una povera pazza che cercava di scaricare la responsabilità della sua demenza inventandosi folli allucinazioni di possessione diaboliche. Le suggeriva di smettere di recarsi dall’esorcista perché era tutto inutile: doveva solo accettare la follia prima di arrivare a farsi male da sola, a suicidarsi. E poi, pensandoci bene, la morte non avrebbe potuto essere il rimedio migliore? Per lei, per suo marito, per i figli: quale sofferenza avere a che fare con una madre del genere per tutta la vita… La tormentava in ogni modo, mentre lei non riusciva a smettere di lisciarsi in continuazione i capelli.
Patrizia aveva i segni della vera possessione è la conoscenza delle lingue morte:
“Vade, sàtana, invéntor et magìster omnis fallàciae, hostis humànae salùtis. Da locum Christo, in quo nihil invenìsti de opéribus tuis: da locum Ecclésiae uni, sanctae, cathòlicae et Apostòlicae, quam Christus ipse acquisìvit sànguine suo. Humiliàre sub poténti manu Dei; contremìsce et éffuge, invocàto a nobis sancto et terrìbili Nòmine Iesus, quem ìnferi tremunt, cui Virtùtes caelòrum et Potestàtes et Dominatiònes sibiéctae sunt; quem Chérubin et Séraphim indeféssis vòcibus laudant, dicéntes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dòminus Deus Sàbaoth”.
Mentre era in corso l’esorcismo, la donna capiva perfettamente la formula latina, mentre non era in grado di intendere l’antica lingua dei romani al di fuori di quel contesto e nella vita di tutti i giorni.
Un altro segno fondamentale della possessione è conoscere cose occulte o lontane. Un giorno Patrizia telefonò all’esorcista a Pitigliano per aggiornarlo sul suo stato, che purtroppo non migliorava, e per chiedere una parola di conforto. Lui la rassicurò, dicendole che tanti pregavano per lei e benedicendola, come faceva sempre. In quel momento la donna ebbe una visione: vide la casa del padre in Toscana, la libreria del salotto e un sacchetto bianco. Questo si aprì davanti ai suoi occhi rivelando il contenuto: in teoria di animali. Si spaventò, chiamò il fratello che abitava vicino al genitore e gli chiese di controllare, ma l’uomo non trovò niente del genere. Allora entrambi si rivolsero al papà e questi raccontò che, si, in effetti, aveva raccolto in una borsa bianca le frattaglie dei conigli uccisi a caccia il giorno prima, che in seguito aveva cucinato.
E quando raccontò al marito della macchina rosa? Da piccolo l’uomo aveva collezionato automobiline giocattolo, come tutti i bambini. La moglie riuscì a “vedere” tra queste una piccola Ferrari rossa, ma lui non sapeva o non ricordava di averla avuta. “Ma sì” insistette lei “è nella casa in Calabria, nella panca dell’ingresso, sotto la coperta.” Fecero controllare dai parenti e in effetti era proprio così.
Le cose nascoste di cui si ha conoscenza in seguito alla possessione non sono per forza negative o malefiche. Questo, però, è un vero segno della presenza del demonio. Gli altri si possono fingere, in qualche misura, ma non questa facoltà o la possibilità di parlare lingue morte.
Per questo mi ero convinto che Patrizia fosse veramente posseduta. E’ stato il primo caso che ho seguito da solo ed era davvero molto complicato. In realtà eravamo in due a cercare di aiutarla: io in Svizzera e l’altro esorcista in Toscana. Il demonio era forte, ma non tanto da resistere a riuscire a non manifestarsi: bastava iniziare a pregare il Rosario. Non mi hai mai detto il suo nome, però.
 Ho seguito questa donna per due anni, ma c’era un grosso ostacolo per la sua guarigione: il demonio era riuscito a convincerla di essere pazza – nonostante tutti gli psichiatri consultati la rimandassero a casa, al massimo con qualche ansiolitico – e non collaborava in modo sufficiente. L’esorcismo, bisogna ripeterlo, non è un sacramento, ma un sacramentale: ha tanta più efficacia e forza quanto è più grande la fede del sacerdote che lo mette in atto, delle persone che vi assistino e della stessa vittima di possessione. Occorre credere con tutte le forze che Cristo ha vinto il peccato e la morte e non ci lascerà in potere delle tenebre.
Ogni sabato la coppia doveva fare quasi quattro ore di auto per venire da me a Samedan e altrettante per tornare a casa. Ogni sabato per due anni. Per mezzo della preghiera fatta insieme la poveretta provava sollievo all’ossessione per i suoi capelli, ma non riusciva a liberarsene. Quando si è reso disponibile un esorcista più vicino a casa sua l’ho indirizzata da lui, d’accordo con l’altro sacerdote. L’ho sentito qualche tempo fa per chiedere informazioni su di lei, ma purtroppo ho saputo che non è ancora riuscita a risolvere questa situazione.
Quando il demonio mette radici in una persona, è difficile da sradicare. Ci vuole molto tempo. Conosco un solo casi in cui Padre Bamonte sia riuscito a liberare una vittima con poche sedute, ma costituisce un’eccezione, perché l’ingresso del demonio era recente. Non bisogna nemmeno rifare tante volte l’esorcismo, perché provoca stanchezza: è una formula lunga che richiede anche mezz’ora per volta.
Soltanto quella volta a Natale mi ricordo di averlo ripetuto per tre volte perché, ingenuamente, avevo creduto al demonio che aveva annunciato che sarebbe andato via in occasione della nascita di nostro Signore. Non è una questione di impegno: le persone si liberano se Dio lo permette.

Padre Simone Truqui